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Le Attività Commerciali

Dei Colli Berici

Il droghiere o casolin

Al bottegaio si ricorreva per acquistare pochi generi: olio, sale, zucchero, e sempre con un po' di diffidenza nel momento della pesatura: Otto etti a tutti, nove a qualcheduni un chilo a nessun (otto etti a tutti, nove a qualcuno, un chilo a nessuno) era il motto che gli era attribuito. Il conto, segnato sul "libretto della spesa", si saldava al tempo dei raccolti o al ritorno di un familiare dal lavoro stagionale.

L'oste o osto

L'osteria era il posto dove gli uomini s'incontravano, soprattutto il sabato sera e la domenica, e davanti ad un bicchiere di vino discutevano, concludevano un affare, giocavano una partita a carte. Bicchiere dopo bicchiere, aumentava l'allegria e arrivava il momento dei canti. Qualcuno si ubriacava e la moglie doveva andargli incontro o aspettarlo fuori della porta dell'osteria per riportarlo a casa.
Per barcamenarsi tra i più disparati avventori, l'oste doveva avere un carattere cordiale e paziente, ma nello stesso tempo deciso ed attento che qualcuno non se ne andasse senza pagare.

Venditori ambulanti

Il commerciante di polli (el polastraro) girava di casa in casa per acquistare direttamente dalle massaie polli, galline, conigli, uova. La gestione economica degli animali da cortile, infatti, era lasciata alle donne di casa, che potevano decidere sulla loro sorte: i soldi che ricavavano li impegnavano nella dote delle figlie o nella spesa dal droghiere.

Anche lo straccivendolo (el strassaro) con il suo grido "Strasse, ossi, fero vecio..." girava di porta in porta per raccogliere stracci, ossa e setole di maiale, pelli di coniglio e di talpe, piume d'oca, ferrovecchio.

Il venditore di dolciumi (el saqraro), invece, si metteva davanti alla porta della chiesa nei giorni di festa o nelle sagre con il suo paniere di vimini appeso al braccio, ricolmo di dolci colorati che attiravano l'interesse dei bambini e dei ragazzi.

Alla fiera di S.Caterina di Barbarano, veniva il venditore di fogli con i testi delle canzoni. Suonando la fisarmonica, il Tajadèla gesticolava e cantava canzonette spesso in dialetto o di tema farsesco: la gente le ascoltava e ne acquistava i testi. l'estrema soluzione, per chi non aveva più niente o era diventato troppo vecchio, era quella di andare a chiedere l'elemosina. Malvestito, con la sporta di paglia, el poareto passava periodicamente di casa in casa chiedendo: "Carità, per amor di Dio" e riceveva una manciata di farina, un soldo, un piatto di minestra.

Una figura a parte era il Torototèla, un cantastorie che girovagava per le contrade o frequentava i mercati con un rozzo strumento musicale, la torototèla appunto, con le sue filastrocche cantate chiedeva la questua e muoveva al riso lanciando lazzi agli spettatori.