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Ambiente
della Pietra

Dei Colli Berici

Il rapporto che lega il territorio dei Colli Berici all'uso della pietra ha aspetti per molti versi sorprendenti. Anche ai meno esperti non può risultare indifferente, muovendosi lungo la pianura della Riviera, il chiarissimo risalto fisico e morfologico di tutto il gruppo collinare e roccioso che va da Villaga a Lumignano, dove compare una tipica formazione di calcari in fascie di scogliera che, per rilievi che superano di poco i quattrocento metri, è una presenza indubbiamente singolare ed affascinante.

La particolare natura calcarea delle rocce ha favorito la formazione di grotte (i covoli dal lat. covallum o cuballum=grotta), soprattutto sulle pareti più ripide e in corrispondenza del passaggio a terreni marnosi impermeabili in seguito a fenomeni di dissoluzione carsica, con sviluppi orizzontali notevoli.

Alcune di queste sono testimonianza di un'occupazione da parte dell'uomo che ha una notevolissima profondità storica: queste grotte, usate prima come eremi e luoghi religiosi, poi (e fino a non molti anni fa) come abitazioni, presentano addirittura testimonianze certe della presenza dell'uomo della preistoria; covoli e grotte permettono oggi di ricostruire l'ambiente di vita di uomini e animali di decine di migliaia di anni fa. (Per covolo, comunque, s'intende anche la cava di pietra risalente all'età romana, poi abbandonata nei secoli successivi).

Dal punto di vista economico il dato più rilevante è indubbiamente la tradizione, fin dai tempi antichi (si parla di duemila anni fa), di un'intensa attività estrattiva di calcare organogeno bioclastico, prevalentemente d'origine sedimentaria marina, dello spessore di alcuni metri, costituito soprattutto da frammenti d'alghe calcaree, bivalvi e ostre, più comunemente noto come “Pietra di Vicenza”, caratterizzato da colore d'insieme bianco o vagamente tendente al paglierino, con minute punteggiature ocracee di limonite e goethite; l'estrazione, inoltre, di un particolare livello di calcare arenaceo giallastro, ascrivibile all'Eocene medio, parte inferiore, noto come "Pietra di Nanto", caratterizzato da un colore naturale giallo bruno-dorato, nel passato si limita ad un breve periodo tra la metà dei '400 e gli inizi dei '500, prima di essere ripresa in età moderna principalmente per uso artistico e decorativo.

Nelle zone più basse, tra Mossano, Villaga e Albettone, la roccia é facilmente separabile in strati di pochi centimetri di spessore che, fino a poche decine di anni fa, venivano successivamente ridotti a mattoni litici, scaglie di colore rosato che ricordano le più antiche costruzioni della lessinia veronese, molto adatti per la costruzione di edifici. Abbandonate le cave di più antica origine, l'attività estrattiva risulta ora concentrata all'interno dell'altopiano e attorno alla Val Liona nei comuni di Zovencedo, Grancona e S. Germano. Un altro aspetto significativo è la lunga tradizione di lavorazione del materiale stesso che sopravvive a tutt'oggi in diversi laboratori sparsi nei comuni più legati a questa economia.

E' evidente come anche in questo caso la storia economica s'incroci con quella sociale e culturale, per cui la storia della pietra in questo territorio è anche la storia di molti manufatti edilizi della zona e della tradizione costruttiva in genere: delle ville innanzitutto, dove le pietre tenere del vicentino sono state usate per sagomare modanature ed altri elementi architettonici, oppure per realizzare le statue che decorano giardini, frontoni e scalinate; ma anche di più modesti fabbricati legati alla tradizione rurale e contadina come i capitelli e le fontane che puntellano con regolarità l'intero paesaggio.

Fonte:
Francesco Grassi, "Colli Berici" Ed.Papergraph, 2000